L’Italia rischia di incorrere in pensanti sanzioni da parte dell’Unione europea a causa delle proprie inadempienze in tema di efficienza energetica degli edifici. La Commissione Ue ha infatti trasmesso al Governo italiano – ma anche a quelli di Bulgaria, Grecia e Portogallo – i pareri motivati relativi alla procedura di infrazione aperta per la mancata ottemperanza alla Direttiva 2010/31/Ue, dedicata appunto all’efficienza energetica degli edifici.
In particolare, i paesi inadempienti non hanno rispettato l’obbligo che impone loro di indicare e far rispettare i requisiti minimi di efficienza per gli edifici nuovi e quelli già esistenti. L’inadempienza, inoltre, riguarda la mancata predisposizione di un sistema regolare di controlli a carico dei sistemi di riscaldamento e di climatizzazione, anch’esso previsto dalla direttiva sull’efficienza in edilizia.
Non solo. L’Italia non ha ancora recepito l’obbligo che le impone di fare in modo che entro il 2021 tutti i nuovi edifici rientrino nella categoria dei cosiddetti “edifici a energia quasi zero”. Ancora più eclatante, forse, il ritardo nell’applicazione delle norme in materia di certificazione energetica degli edifici.
Un problema, quest’ultimo, confermato da una recente indagine del sito Immobiliare.it, secondo la quale soltanto il 53% degli annunci di vendita o affitto contiene correttamente l’indicazione della classe di efficienza energetica dell’appartamento o dell’edificio in questione.
La causa principale starebbe, secondo gli esperti, nel protrarsi di una consuetudine tutta italiana, già più volte contestata da Bruxelles: bypassare l’obbligo di far redigere l’Attestato di certificazione da parte di un tecnico abilitato attraverso un’autocertificazione che assegna all’immobile la classe G, ovvero la più energivora. Una pratica messa al bando da un recente decreto del ministero dello Sviluppo Economico ma che evidentemente continua ad essere utilizzata da molti proprietari negli annunci, almeno fino al rogito o alla stesura del contratto d’affitto.
Tutte mancanze che ora rischiano di esporre il nostro paese a pesanti sanzioni. Se entro due mesi l’Italia non dimostrerà alla Commissione europea di aver definitivamente rimediato, rischiamo il deferimento dinanzi alla Corte di Giustizia Ue, che potrebbe appunto comminarci nuove e salate multe
Fonte: green style